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Cecconi Associati

Monastero San Nazario

Spazio urbano, paesaggio - Culto

Il progetto prende le mosse dalla necessità della comunità benedettina-olivetana di restituire alla piccola chiesa di San Nazario uno spazio di accoglienza esterno capace di svolgere la duplice funzione di sacratum e luogo di sosta per i visitatori.

L’attuale piazzale si presenta come un collage di elementi disomogenei posati a terra in attesa di una soluzione definitiva. Elementi in travertino sconnessi e irregolari tentano faticosamente di costruire geometrie abbastanza forti da poter cingere un’apparecchiatura centrale in cemento artistico ed isolare, di contro, una fascia lasciata a terra e ghiaia, nel tentativo di spostare il focus nell’area centrale della piazza.

La scala che conduce al piano della chiesa da un lato risulta un’opera rimasta incompiuta interrompendosi subito prima dell’accesso esterno alla sacrestia e dall’altro presenta un innaturale prolungamento verso la parete di confine quasi a snaturare la sua funzione di sacratum, di estensione dello spazio liturgico. Anche il sistema di scale di accesso ai due ingressi laterali del fronte appare disomogeneo e in disarmonia con i principi generali, anche se pochi, che governano la composizione del sagrato.

Spostando l’attenzione sull’alzato degli edifici e degli elementi prospicienti la piazza, appare subito evidente la sproporzione esistente tra gli impalcati verticali dei prospetti e il muro di mattoni della scala esterna che sovrasta in dimensione gli elementi d’interesse del sagrato, come il portale della chiesa, mettendo in crisi i rapporti gerarchici tra funzioni ed elementi presenti.

Una seconda analisi è rivolta invece a quelle che sono le matrici storico-architettoniche del complesso che si affaccia sul sagrato.

Tre edifici compongono il prospetto principale del monastero, la chiesa nata originariamente come pieve di campagna, la canonica addizionata successivamente all’edificio religioso per ospitare il parroco, ed il dormitorio costruito verso la fine degli anni ‘50 inizio ’60 e contenente la sacrestia al piano terra.

Questa tripartizione, manifesta sia nelle superfici esterne degli edifici sia nelle funzioni che questi ospitano, non viene riflessa nella composizione e nell’utilizzo del sagrato e della sua piazza. Spazio pubblico e semipubblico si fondono nella stessa spazialità, in una promiscuità di funzioni che mette in crisi sia le gerarchie cerimoniali, liturgiche, sia le gerarchie storico-architettoniche. Ne consegue che l’edificio-chiesa perde la sua centralità, sovrastata com’è dalla costruzione più recente, la sacrestia non possiede il suo carattere di spazio privato o semipubblico atto all’espletamento del rituale liturgico, la canonica risulta comparata agli altri due ingressi in un quasi indefinito gioco di aperture. 

La necessità di un filtro tra il percorso che conduce in chiesa e quello di accesso alla sacrestia è apparsa subito indispensabile in modo da ristabilire i rapporti funzionali e fruitivi degli edifici; un elemento basso, contenuto, un piccolo gesto di architettura silenziosa capace di delimitare lo spazio e conferire ordine a piazza e prospetti.

Tutte queste intenzioni hanno trovato concretezza nella progettazione di una fioriera nella quale far crescere essenze profumate e alberature medie in grado di separare due identità distinte ma complementari, di filtrarle l’una con l’altra facendole funzionare nei loro ruoli precisi. Al centro della fioriera campeggia una seduta in pietra, oggetto pensato per il riposo e la contemplazione del panorama che si stacca dal sagrato; un punto di sosta dei pensieri e d’introspezione.

La scala, protesa per l’intera facciata del monastero con un basamento comune che si interrompe sul confine dell’ex-canonica e sul muro in mattoni, raccoglie gli accessi di sacrestia, chiesa e canonica con un gioco di livelli per cui le funzioni religiose sono tenute insieme dai gradini fino a quando non ritrovano la propria identità e differenza negli elementi terminali, mentre la funzione pubblica del monastero, quella legata agli aspetti di carità ed aiuto per il prossimo, trova la sua indipendenza nella scala di accesso che si appoggia sul basamento.

Una soluzione che accomuna pubblico e privato, funzione strettamente liturgica e vita quotidiana, pur mantenendo le relative indipendenze.

La sistemazione del sagrato prevede il ridisegno e la ridefinizione dell’apparecchiatura lapidea al fine di ottenere una sistemazione omogenea in armonia con il contesto con cui si rapporta.

Lo studio del prospetto della chiesa, con i suoi conci regolari posati a correre ha proposto la soluzione per la sistemazione della pavimentazione pensata come proiezione in piano di questo disegno.

Conci di pietra serena 50x25cm rendono omogeneo il disegno del sagrato che entra in una nuova dimensione di ordine e compostezza mostrando nella sua perfetta semplicità la sua nuova dignità e quella del monastero che con esso dialoga. La bicromia della nuova pavimentazione richiama quella già presente sulla facciate della chiesa.

Il trattamento superficiale rigato conferisce un aspetto sempre nuovo con il passare delle ore mostrando il suo carattere mutevole in accordo con il principio naturale di impermanenza. Cordonature in travertino bianco fiammato larghe 10cm interrompono ritmicamente la composizione principale per inquadrare la chiesa e restituirle la sua centralità senza però renderla estranea dal contesto.

Luogo

Asciano (SI)

Prestazioni svolte

Progetto architettonico, progetto strutturale, direzione lavori

Anno

2017

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